Il Progetto

Chernobyl: Ha ancora senso?

Ha ancora senso, trent’anni dopo, continuare a parlare di una tragedia, allora pesantemente sottovalutata, che ha scosso il mondo?
Purtroppo sì, ha ancora senso perché gli effetti di quella devastazione, provocata dallo scoppio di un reattore nucleare a Chernobyl, continuano ad inquinare l’ambiente e le persone che lì vivono. E sono proprio i bambini quelli che continuano a soffrire maggiormente gli effetti delle radiazioni. Malformazioni, tumori, disabilità fisiche e mentali sono gli effetti più evidenti di quel disastro.

Cosa facciamo

Portiamo al mare in liguria per un mese più di 70 bambini e ragazzi disabili.
L’Unitalsi sottosezione di Monza infatti dal 1997 ogni anno a maggio accoglie nella Casa della Gioia a Borghetto Santo Spirito bambini disabili che vivono negli orfanotrofi, i cosiddetti “Internat” (Clicca qui per saperne di più). In particolare aiutiamo i bambini che vivono nella zona di Gomel, una delle zone più contaminate dalle radiazioni del 26 aprile 1986.

Perché la vacanza è importante

Soprattutto per i bambini di Zhuravichi che vivono molto isolati dal resto del mondo questo mese di vacanza rappresenta davvero la ragione di vita, la speranza e il sogno che rincorrono durante il resto dei mesi grigi e freddi dell’inverno. I primi mesi dopo il ritorno a casa sono vivi e pieni dei bei ricordi della passata vacanza mentre i mesi successivi si riempiono dell’attesa della prossima vacanza. Questo è ciò che rende il mese a Borghetto unico e insostituibile.

I bambini

Sono piccoli, bambini e ragazzi, assetati d’affetto, innamorati dei “macaroni” e delle banane, incredibili estimatori della Nutella e dei pomodori veri (quelli belli rossi e polposi che nulla hanno a che vedere con i loro…), teneri cuccioli che cercano la tua mano e si meravigliano quando un adulto gioca con loro, sono quasi tutti un po’ claudicanti e malandati, più piccoli della loro età anagrafica, spesso diffidenti ed impauriti: tutti hanno nel loro organismo una pesante quantità di cesio e stronzio e questo li espone al tumore – in particolare al sistema linfatico e alla tiroide – ed impedisce al calcio di fissarsi nella ossa con tutte le conseguenze.

Spesso vediamo tornare l’anno successivo un piccolino che cammina peggio di prima e la spiegazione è semplice: è caduto e la frattura non si è saldata bene.

A questi cuccioli regaliamo un mese di paradiso, di amicizia, di affetto senza condizioni, di piccoli capricci esauditi, di tombole e giochi in spiaggia, di incredibili piatti di “macaroni”, di pizza, di gelato, di trenino…ma soprattutto di considerazione.

Davvero questa è la cosa che li colpisce di più e che, aldilà della barriera linguistica peraltro superata con divertenti e buffi tentativi da ambo le parti, riusciamo a cogliere: da noi sono persone e non numeri in un Internato, da noi è vita e non sopravvivenza.

Dal 1997 ad oggi abbiamo visto passare tanti piccoli, tante storie di quotidiana povertà, tanto bisogno di affetto e tanti, tanti riconoscenti sorrisi. In effetti abbiamo visto anche tante lacrime, tanti convulsi singhiozzi in aeroporto al momento del ritorno (anche se difficile distinguere i nostri dai loro…), tante richieste, in italiano stentato ma comprensibile, di poter tornare ancora.

 

L’inizio

Quando nel 1997 il Consiglio della Sottosezione dell’Unitalsi di Monza ha deciso di aprire le porte della Casa della Gioia ai disabili della zona di Chernobyl l’idea nasceva da un articolo di un quotidiano in cui veniva raccontato il grande ponte di solidarietà che dallo scoppio della centrale nucleare portava in Italia tanti bambini e tanti ragazzi ospiti di famiglie.

La Comunità Medica Internazionale riteneva e ritiene infatti che un mese, per tre anni consecutivi, trascorso in un ambiente sano, con aria ed acqua non inquinate ed una alimentazione ricca e corretta, possa costituire per le persone che vivono in una realtà fortemente contaminata una vera e propria sferzata di energia capace di mitigare gli effetti del costante avvelenamento.

Ma dalla generosità di tante famiglie italiane rimanevano esclusi i disabili, quelli che difficilmente possono essere accolti in una casa “normale” per le barriere architettoniche ma anche per le barriere linguistiche, quelli troppo gravi per qualsiasi struttura non protetta.

 

Ed ecco partire allora la nostra catena di solidarietà, ecco aprirsi le porte della Casa della Gioia per una esperienza che ha aperto e spalancato il cuore e la vita di tanti volontari, ecco il primo invito al Fondo per i Bambini di Chernobyl con una precisazione strana: vogliamo quelli che nessuno vuole.

 

 Quelli che nessuno vuole sono oggi i nostri prediletti

Qualcuno dei primi ospiti si è già sposato, è diventato grande ed adagio adagio si è creato, anche grazie all’aiuto dei volontari Unitalsi, una sua vita, una sua famiglia; qualcuno è troppo grave per poterlo fare ed ogni tanto – anche se è diventato grande – ritorna al mese di maggio per un pieno di coccole e, perché no, di qualche piccolo aiuto; qualcuno non è in grado di capire ma intuisce che gli vogliamo bene ed è felice così.

E poi, la Casa della Gioia da vent’anni nel mese di maggio celebra le lodi e condivide l’eucarestia in un rito misto che, siamo certi, farebbe inorridire i nostri illustri teologi e quelli ortodossi ma accarezza e diverte il cuore del Padre. Parla in cirillico o meglio parla in un quasi incredibile misto di dialetto e cirillico. Non ci crederete ma qualcuno dei nostri volontari più anziani ha scoperto che ci si intende meglio con loro in dialetto piuttosto che in italiano…

 

Ma nel mese di maggio la Casa della Gioia parla più che mai il linguaggio dell’amore che non conosce confini, che allarga il cuore oltre i confini per arrivare in una realtà da cui parole come tenerezza, dolcezza, attenzione sembrano essere state cancellate.

 

Solidarietà e Condivisione

La Casa della Gioia parla di una solidarietà senza confini ed il regalo più bello l’abbiamo avuto da un’insegnante dell’Internato che accompagna questi bambini. Da anni viene in Italia con il gruppo di ragazzi e dalla iniziale diffidenza anche lei è passata al sorriso e alla condivisione. Con le lacrime agli occhi, salutandoci in aeroporto, attraverso l’interprete ci ha detto un grazie infinito per tutte le cose belle che ha potuto fare ma soprattutto perché abbiamo cambiato la sua vita insegnandole cosa è la solidarietà, la gratuità. Il miracolo della Casa della Gioia, il miracolo dell’UNITALSI che non conosce confini si è realizzato ancora.  

Tanti altri ospiti hanno ritrovato, grazie al soggiorno a Borghetto ed all’amicizia dei volontari unitalsiani, il sorriso ed una possibilità di riscatto una volta diventati adulti. L’andare a trovarli  nel loro piccolo monolocale con tante fotografie di Borghetto, è sempre un’emozione ed una gioia grande.   Clicca qui per conoscere come si svolge una giornata tipo a Borghetto.

Il ritorno in Bielorussia con la fine della vacanza è segnato da tanta tristezza, da tanti tentativi e richieste di restare, da tante lacrime loro e di noi volontari. Noi tentiamo di dare loro quanto possiamo in piccoli doni, caramelle, Nutella, Kinder,  surplus di carezze ma quello che ci viene chiesto – in mille modi diversi ma tutti ugualmente comprensibili – è la possibilità di tornare il prossimo anno per cinque settimane da bambini, da ragazzi, da persone e non da numeri.

Questa è la richiesta che tutti, nessuno escluso, hanno fatto ai nostri volontari che sono andati a trovarli. Ed è per questo che stiamo bussando al cuore di tanti amici generosi perché sia possibile farli ritornare tutti, senza deludere aspettative e spegnere speranze.

 

Come aiutarci

Se vuoi aiutarci, clicca qui e scopri i costi del progetto e cosa tu puoi fare per loro, grazie.